L’argomento delle servitù militari è sempre molto attuale. La Sardegna è la regione italiana che paga il prezzo più alto: il 61% del territorio italiano vincolato dalle Forze Armate, che corrisponde a circa 35 mila ettari, ricade nella nostra isola . E anche i tre poligoni più grandi d’Europa, Teulada, Quirra e Capo Frasca, occupano il suolo sardo. Durante le esercitazioni viene interdetto alla pesca uno specchio di mare di oltre 20 mila chilometri quadrati. Numeri enormi, che scatenano polemiche. Oltre che legittime preoccupazioni, considerato che c’è una guerra in corso nel cuore del continente. Soprattutto quando ripartono le simulazioni di guerra, in genere volute e coordinate dalla NATO, che puntualmente avvengono in prossimità delle coste. Capita, però, che nella foga di condannare questa “invasione” delle stellette nei nostri mari si diano informazioni parziali. Le proteste di questi giorni riguardano l’esercitazione della Marina Militare “Mare Aperto 2022”, che vede coinvolti oltre 4.000 tra donne e uomini di sette nazioni della NATO e 65 tra navi, sommergibili, elicotteri e velivoli. Per molti un danno ambientale e d’immagine, per altri una semplice parentesi che non comprometterebbe la stagione balneare ormai alle porte. Alcuni sindaci del Sud Sardegna, infatti, tengono a precisare che l’interdizione avviene al largo, lontana dalla costa e non crea alcun problema alla balneazione. In realtà, è la pesca a subire i maggiori danni; le ordinanze emesse parlano chiaro: a poche miglia dalle coste meridionali pesca e navigazione sono vietate. Sì ai bagni in spiaggia, dunque, ma assoluto impedimento per il resto delle attività legate alla marineria locale. Anche se per un breve periodo. Forse il tributo che ancora una volta ci viene richiesto sta diventando eccessivo.
g.f.